Lo
chiamo “pesto al basilico” anziché “pesto ligure” o “pesto genovese” perché non
ne posso più delle affermazioni di autenticità del vero pesto ligure o del vero
risotto alla milanese o di altre mille vere
ricette. Che mi importa di una ricetta che mi raccomanda di usare rigorosamente
il mortaio di marmo per rispetto della tradizione (ma la tradizione affonda le
radici in un tempo in cui i frullatori semplicemente non erano ancora stati
inventati) e poi non mi dice quanto basilico devo usare per un etto di pasta
secca? (In prestigiosi ricettari si va da sei foglie a porzione ad “abbondante
basilico”). Né voglio correre il rischio che qualcuno mi scriva per
puntualizzare che si deve usare il sale grosso o altri preziosismi del genere;
anzi, alcuni di questi, rilevati da varie ricette, ve li segnalo qui di seguito
per vostra sovrabbondante conoscenza.
- Il
basilico dev’essere di Prà, ma solo le foglie piccole.
Prà
è un quartiere di Genova: sicuramente vi si coltiva del buon basilico, ma se
tutti volessimo usare solo quello… E’ vero, invece, che il basilico deve avere
un buon profumo, del tutto esente da sentori di menta o di altre erbe.
-
Le
foglie vanno lavate e lasciate asciugare su un canovaccio.
Lavate,
va bene, ma perché lasciarle per ore ad appassire sul canovaccio? E’ tanto
comoda ed efficace una centrifuga da insalata.
-
Le foglie non vanno lavate, ma pulite con
un panno morbido.
Non
ci sono commenti.
- L’aglio dev’essere di
Vessalico.
Vessalico
è un piccolo comune (circa 10 chilometri quadrati per circa 300 abitanti) in
provincia di Imperia. Vi si pratica una tipica coltivazione di aglio: ma siamo
al massimo dello snobismo! Io, poi, l’aglio non ce lo metto proprio.
-
La lavorazione dev’essere effettuata nel
mortaio e non col frullatore che, scaldandosi, rovina il gusto del basilico.
Questa
è la bufala più gettonata: in anni e anni di esercizio nessuno dei miei
frullatori si è mai scaldato nei tre minuti necessari a trasformare il basilico
in salsa. La tradizione contempla il mortaio perché le prime ricette del pesto
risalgono alla metà dell’ottocento, e a quel tempo i frullatori dovevano ancora
affermarsi.
- Il sale dev’essere
grosso affinché svolga, nel mortaio, un’azione abrasiva.
Ma
dopo tre colpi di pestello il sale ha smesso di essere “grosso”.
Per
me ciò che conta in una preparazione, più che l’adesione cieca a precetti
tradizionali, è la qualità del risultato, cioè la bontà che ne risulta alla
fine: ad essa concorrono la qualità dei singoli ingredienti e un corretto
procedimento di lavoro. Altri valori da me perseguiti nella compilazione delle
ricette sono:
- non
far perdere tempo con manovre di cui non sia dimostrata l’utilità;
- fornire
tutte le indicazioni utili, compresa, se possibile, la grammatura del sale.
La
mia ricetta del pesto nasce dallo smodato piacere che mi dà il profumo del
basilico e dall’intento di imitare al massimo il gusto forte e delicato,
morbido e deciso, goloso e raffinato che facilmente si apprezza nella
generalità dei ristoranti liguri. Lì il pesto si presenta come una crema che
avvolge generosamente ogni singolo pezzo di pasta, e ne avanza ancora un po’.
Dopo diversi esperimenti ho definito le seguenti dosi.
Per
100 grammi di pasta secca (trenette) o per 120 di pasta fresca (trofie)
-
foglie di basilico lavate e asciugate: g 24;
-
olio e.v.o. (quello che piace a voi, anche se non è ligure): g 24;
-
pinoli: da g 12 (gusto normale) a g 16 (gusto più dolce);
- formaggio grattugiato: g 12 di parmigiano o grana,
sostituibile in parte con del pecorino (io uso solo parmigiano o grana);
-
sale: mezzo grammo;
-
aglio: da un terzo di grammo (una fettina: vi assicuro che si sente) a niente
(per me, niente).
Procedimento
Mettete
tutti gli ingredienti tranne il formaggio in un contenitore dal fondo bombato,
e lavorateli con un frullatore a immersione alla massima velocità, fino ad
avere una crema. A seconda della quantità del prodotto e della potenza del
frullatore dovreste impiegarci dai due ai quattro minuti. Aggiungete il formaggio
e frullate per altri trenta secondi. Fine.
Se
non lo usate immediatamente, mettete il pesto in un contenitore adeguato
(potrebbe anche essere quello dove lo avete lavorato), coperto da un velo
d’olio, e riponetelo in frigorifero. Si conserva per quattro o cinque giorni.
Se volete conservarlo più a lungo, mettetelo in un contenitore di plastica e
surgelatelo: si conserva benissimo per qualche mese: al momento dell’uso lo si
lascia scongelare a temperatura ambiente o in un bagnomaria tiepido o (con molta
precauzione affinché non cuocia) nel forno a microonde, e poi lo si usa come
fresco.
Utilizzo
Con
le proporzioni di questa ricetta (e anche di altre) il pesto non può essere
usato così com’è per condire la pasta: sarebbe troppo denso. Va quindi diluito,
al momento dell’uso, con un liquido caldo: va benissimo l’acqua della pasta,
due minuti prima di scolare: se ne aggiunge un 15% circa del peso del pesto
(per chi non ama i calcoli si tratta di una cucchiaiata a porzione, se le
porzioni sono di 90 grammi di pasta e se tutto viene fatto con le proporzioni
di questa ricetta) e lo si mescola subito: deve venire una crema morbida ma non
liquida. Una mia amica francese usa efficacemente della panna calda.
Dunque:
si scalda la terrina ove verrà condita la pasta; vi si adagia il pesto (secondo
le dosi di questa ricetta sono circa 75 grammi per ogni 100 di pasta); si
stempera con un po’ di acqua calda; vi si versa la pasta scolata, si mescola e
si serve.
Pesto
“avvantaggiato”
Si
chiama così una versione di questo piatto che prevede di mescolare alla pasta
patate e fagiolini.
Più
esattamente si tratta di sostituire una parte della pasta con una certa
quantità di questi ortaggi. Le dosi sono evidentemente a piacere: tuttavia, per
un rapporto equilibrato, si suggeriscono le seguenti: per ogni 100 grammi di
pasta, se ne tolgono 20 e si aggiungono 50 grammi di patata comune, a fette, e
30 grammi di fagiolini giovani e sottili.
Le
patate andranno affettate allo spessore di otto millimetri; i fagiolini
spuntati e lasciati interi. Cuociono, le une e gli altri, insieme alla pasta; e
perché giungano a cottura nello stesso momento, occorre considerarne i tempi
che, per questo scopo, sono di circa dieci minuti per le patate affettate come
detto, e di circa otto per fagiolini sottili, del diametro di 5 o 6 millimetri.
Per altri scopi, ad esempio, se voleste usare questi ortaggi per un’insalata,
dovreste tenerli un po’ più al dente.
La
ricetta in breve
Per
100 grammi di pasta secca (trenette) o per 120 di pasta fresca (trofie)
-
foglie di basilico: g 24;
-
olio e.v.o. : g 24;
-
pinoli: da g 12 a g 16;
- formaggio grattugiato: g 12;
-
sale: mezzo grammo;
-
aglio: una fettina o niente.
Procedimento
Frullate
tutto, tranne il formaggio, per tre minuti.
Aggiungete
il formaggio e frullate per altri trenta secondi.
Al
momento dell’uso stemperate la salsa con un po’ di acqua calda.