Avvertenza n. 1
Il consumo di pesce crudo
comporta sempre dei rischi di natura igienico-alimentare. Fra questi, uno dei
più gravi è legato alla possibile presenza, nel pesce, di “anisakis” un
parassita nematode (un verme) resistente agli acidi, all’affumicatura a freddo
e alle salamoie deboli, ma soccombente al calore (almeno 60°C) e al gelo
(almeno -20°C). Pertanto, in applicazione del Regolamento CEE 853/2004, il
nostro Ministero della Salute stabilisce con circolare n. 4379-P del 17/2/2011,
che “…i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi
siano sottoposti a congelamento a una temperatura non superiore a -20°C… per
almeno 24 ore…”. Tale procedura, obbligatoria per gli esercizi commerciali che
vendono o somministrano preparazioni gastronomiche di questo tipo, garantisce
la neutralizzazione del micidiale parassita.
Chi semplicemente vende pesce
non è ovviamente tenuto a niente del genere (ci mancherebbe: il consumatore
avrebbe ben da ridire se tutto il prodotto in vendita fosse reduce da uno
scongelamento): deve solo accertarsi che all’esame visivo l’anisakis risulti
assente. Quindi, per l’uso domestico, la responsabilità sul comportamento da
tenere è tutta a carico del consumatore.
Io non ho sottoposto il mio
salmone a congelamento per i seguenti motivi.
1) Il salmone non è fra i pesci ad alta
frequenza di infestazione (come invece è il pesce azzurro).
2) L’anisakis (quando c’è) si installa nelle
interiora del pesce, e solo dopo un certo tempo dalla cattura migra verso i
tessuti muscolari: una rapida eviscerazione dopo la pesca blocca l’eventuale
infestazione. E i salmoni arrivano in pescheria già eviscerati.
3) L’anisakis è perlopiù visibile a occhio nudo
(ha lo spessore di un capello e una lunghezza di diversi millimetri). Quando
compro le alici, dopo averle pulite, lascio il prodotto dell’eviscerazione in
bella mostra, a temperatura ambiente. E dopo qualche ora può succedere (negli
ultimi anni sempre più di rado) di vedere emergere da quella massa proprio
loro, filamenti erti e ondeggianti come suricati in vedetta: i temuti
vermicelli. In questi casi butto via tutto, anche i pesci puliti, pur se avevo
intenzione di consumarli cotti. Ma, ripeto, questo fenomeno, al quale assistevo
ahimé con una certa frequenza fino a una decina di anni fa, ora mi si presenta
molto raramente. Ebbene, anche i filetti del mio salmone, e ancor più la lisca
con attaccati i residui della sfilettatura, sono stati sottoposti a questo
controllo, ovviamente con esito negativo.
4) Non esiste attività del tutto esente da
rischi (nel giardino di casa si può essere colpiti da un meteorite):
l’importante è che il rischio abbia una probabilità ragionevolmente bassa. Nel
caso del mio salmone ho valutato il rischio di anisakis con probabilità vicina
a quella del meteorite.
Ingredienti e dosi per 6
porzioni
- un pezzo
di salmone dalla parte della coda per un peso di Kg 1,2-1,3;
- sale
grosso: g 120;
- zucchero:
g 120;
- pepe
bianco in grani: un cucchiaio;
- bacche di
ginepro: una quindicina;
- finocchietto
selvatico: un mazzetto (quantità assolutamente a piacere).
Avvertenza
n. 2
Non ditemi che
nel “gravad lax” (salmone marinato alla moda svedese) non ci vanno le bacche di
ginepro, né che ci vuole l’aneto e non il finocchietto selvatico: io non vi sto
dando la ricetta del gravad lax, ma del salmone marinato come l’ho fatto io e
come è piaciuto ai miei commensali.
Procedimento
1) Preparate la
salamoia (in questo caso “salamoia asciutta”): spezzettate pepe e ginepro
pestandoli in un mortaio o con un pestacarne dentro un pentolino; se il sale è
molto grosso praticategli il medesimo trattamento; aggiungete lo zucchero e
mescolate il tutto.
2) Mettete il trancio
di salmone su un tagliere. Cominciando da una qualsiasi delle due estremità,
infilate la lama di un coltello (affilato, è il caso di dirlo?) fra la parte
superiore della lisca e la polpa, e tagliate via il filetto superiore, cercando
di tenere il coltello sempre aderente alla lisca (per avere il minore scarto
possibile). Fate lo stesso con l’altro filetto, e avete finito di sfilettare,
salvo depurare i filetti da eventuali lische che vi fossero rimaste attaccate.
Se non ve la sentite di affrontare questo compito, il vostro pescivendolo sarà
lieto di farlo per voi, ma forse non ci metterà altrettanto amore.
3) In un contenitore
di adeguate dimensioni, in materiale resistente alla corrosione del sale
(vetro, ceramica, acciaio inox) spargete un quarto della salamoia; adagiatevi i
filetti con la pelle in basso e copriteli col resto della salamoia; coprite con
un foglio di carta-forno, un tagliere e un peso. Lasciate marinare a
temperatura ambiente per un paio d’ore.
4) Scolate l’acqua
che il salmone ha rilasciato; ricoprite i filetti con le foglie di finocchietto
tritate; rimetteteci sopra il foglio di carta-forno, il tagliere e i pesi, e
ricoverate il tutto in frigorifero per 24 ore, eliminando ancora l’acqua di
colatura per un altro paio di volte.
5) Dopo le 24 ore,
lavate i filetti sotto l’acqua corrente e asciugateli bene con carta da cucina.
Quindi affettateli finemente tenendo il coltello inclinato a circa 30° sul
piano di lavoro e conditeli con una spruzzata di limone e un filo d’olio
immediatamente prima di servire.
6) Potete
accompagnare il salmone con un’insalata di finocchi, o un’insalatina verde, o
patate lessate o quello che piace a voi.
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