sabato 12 maggio 2012

SALMONE MARINATO




 Questa volta il pesce era della Pescheria Pesce Vivo di via Sammartini, a Milano: un salmone che sembrava essere appena arrivato a nuoto dalla Scozia. Rilasciava un seducente profumo di mare: un delitto cuocerlo. E così ce lo siamo mangiato crudo: semplice poesia.

Avvertenza n. 1

Il consumo di pesce crudo comporta sempre dei rischi di natura igienico-alimentare. Fra questi, uno dei più gravi è legato alla possibile presenza, nel pesce, di “anisakis” un parassita nematode (un verme) resistente agli acidi, all’affumicatura a freddo e alle salamoie deboli, ma soccombente al calore (almeno 60°C) e al gelo (almeno -20°C). Pertanto, in applicazione del Regolamento CEE 853/2004, il nostro Ministero della Salute stabilisce con circolare n. 4379-P del 17/2/2011, che “…i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi siano sottoposti a congelamento a una temperatura non superiore a -20°C… per almeno 24 ore…”. Tale procedura, obbligatoria per gli esercizi commerciali che vendono o somministrano preparazioni gastronomiche di questo tipo, garantisce la neutralizzazione del micidiale parassita.

Chi semplicemente vende pesce non è ovviamente tenuto a niente del genere (ci mancherebbe: il consumatore avrebbe ben da ridire se tutto il prodotto in vendita fosse reduce da uno scongelamento): deve solo accertarsi che all’esame visivo l’anisakis risulti assente. Quindi, per l’uso domestico, la responsabilità sul comportamento da tenere è tutta a carico del consumatore.

Io non ho sottoposto il mio salmone a congelamento per i seguenti motivi.

1)    Il salmone non è fra i pesci ad alta frequenza di infestazione (come invece è il pesce azzurro).

2)    L’anisakis (quando c’è) si installa nelle interiora del pesce, e solo dopo un certo tempo dalla cattura migra verso i tessuti muscolari: una rapida eviscerazione dopo la pesca blocca l’eventuale infestazione. E i salmoni arrivano in pescheria già eviscerati.

3)    L’anisakis è perlopiù visibile a occhio nudo (ha lo spessore di un capello e una lunghezza di diversi millimetri). Quando compro le alici, dopo averle pulite, lascio il prodotto dell’eviscerazione in bella mostra, a temperatura ambiente. E dopo qualche ora può succedere (negli ultimi anni sempre più di rado) di vedere emergere da quella massa proprio loro, filamenti erti e ondeggianti come suricati in vedetta: i temuti vermicelli. In questi casi butto via tutto, anche i pesci puliti, pur se avevo intenzione di consumarli cotti. Ma, ripeto, questo fenomeno, al quale assistevo ahimé con una certa frequenza fino a una decina di anni fa, ora mi si presenta molto raramente. Ebbene, anche i filetti del mio salmone, e ancor più la lisca con attaccati i residui della sfilettatura, sono stati sottoposti a questo controllo, ovviamente con esito negativo.

4)    Non esiste attività del tutto esente da rischi (nel giardino di casa si può essere colpiti da un meteorite): l’importante è che il rischio abbia una probabilità ragionevolmente bassa. Nel caso del mio salmone ho valutato il rischio di anisakis con probabilità vicina a quella del meteorite.


Ingredienti e dosi per 6 porzioni

-      un pezzo di salmone dalla parte della coda per un peso di Kg 1,2-1,3;

-      sale grosso: g 120;

-      zucchero: g 120;

-      pepe bianco in grani: un cucchiaio;

-      bacche di ginepro: una quindicina;

-      finocchietto selvatico: un mazzetto (quantità assolutamente a piacere).


Avvertenza n. 2

Non ditemi che nel “gravad lax” (salmone marinato alla moda svedese) non ci vanno le bacche di ginepro, né che ci vuole l’aneto e non il finocchietto selvatico: io non vi sto dando la ricetta del gravad lax, ma del salmone marinato come l’ho fatto io e come è piaciuto ai miei commensali.

Procedimento

1)    Preparate la salamoia (in questo caso “salamoia asciutta”): spezzettate pepe e ginepro pestandoli in un mortaio o con un pestacarne dentro un pentolino; se il sale è molto grosso praticategli il medesimo trattamento; aggiungete lo zucchero e mescolate il tutto. 

2)    Mettete il trancio di salmone su un tagliere. Cominciando da una qualsiasi delle due estremità, infilate la lama di un coltello (affilato, è il caso di dirlo?) fra la parte superiore della lisca e la polpa, e tagliate via il filetto superiore, cercando di tenere il coltello sempre aderente alla lisca (per avere il minore scarto possibile). Fate lo stesso con l’altro filetto, e avete finito di sfilettare, salvo depurare i filetti da eventuali lische che vi fossero rimaste attaccate. Se non ve la sentite di affrontare questo compito, il vostro pescivendolo sarà lieto di farlo per voi, ma forse non ci metterà altrettanto amore.



3)    In un contenitore di adeguate dimensioni, in materiale resistente alla corrosione del sale (vetro, ceramica, acciaio inox) spargete un quarto della salamoia; adagiatevi i filetti con la pelle in basso e copriteli col resto della salamoia; coprite con un foglio di carta-forno, un tagliere e un peso. Lasciate marinare a temperatura ambiente per un paio d’ore.

4)    Scolate l’acqua che il salmone ha rilasciato; ricoprite i filetti con le foglie di finocchietto tritate; rimetteteci sopra il foglio di carta-forno, il tagliere e i pesi, e ricoverate il tutto in frigorifero per 24 ore, eliminando ancora l’acqua di colatura per un altro paio di volte.

5)    Dopo le 24 ore, lavate i filetti sotto l’acqua corrente e asciugateli bene con carta da cucina. Quindi affettateli finemente tenendo il coltello inclinato a circa 30° sul piano di lavoro e conditeli con una spruzzata di limone e un filo d’olio immediatamente prima di servire.



6)    Potete accompagnare il salmone con un’insalata di finocchi, o un’insalatina verde, o patate lessate o quello che piace a voi.


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